Conventuali

La biblioteca di don Giuseppe Lorenzo Capretti

La “Nota de’ libri lasciati dal fu ecc.mo signor Dottor de Sacra Teologia colleggiato Don Giuseppe Lorenzo Capretti Priore di S. Benedetto di questa città di Parma defonto li 20 settembre 1782” venne redatta il 20 febbraio 1783, cinque mesi dopo la morte del proprietario.

Don Capretti, presbitero della diocesi di Parma, fu priore della parrocchia di S. Benedetto e dal 1730 fu aggregato all’Almo collegio teologico della stessa città.

Nell’aprile del 1777 venne scelto dal vescovo Francesco Pettorelli Lalatta (1712-1788) con altri due teologi a formare la commissione che avrebbe dovuto pronunciarsi sull’opportunità che il canonico teologo Giovanni Biondi tenesse alcune “lezioni scritturali” in cattedrale.

Poiché nel febbraio del 1768 e del 1769 furono abolite rispettivamente le sedi piacentina e parmigiana dell’Inquisizione romana (per volontà del primo ministro di don Ferdinando di Borbone, il francese Guillaume Du Tillot, illuminista e giurisdizionalista), don Capretti dal 5 maggio 1769 fu incaricato dal vescovo Pettorelli Lalatta della censura libraria, ruolo che il priore ricoprì fino al 1780, quando l’Inquisizione fu ristabilita nello Stato.

Negli undici anni di soppressione (1769-1780) i vescovi di Parma Pettorelli Lalatta; di Piacenza Alessandro Pisani; di Borgo San Donnino, prima mons. Girolamo Bajardi (+1775), poi

Alessandro Garimberti; e della sede Abbaziale di Guastalla, mons. Francesco Tirelli, si ritrovarono a gestire nelle loro diocesi la funzione inquisitoriale attribuita agli ordinari dalle costituzioni conciliari tridentine, ma fu loro affiancato un collaboratore incaricato della censura libraria, che a Parma fu appunto don Capretti e a Piacenza l’abate benedettino Sisto Rocci, i quali esercitarono tale ruolo pur senza essere nominati dalla Santa Sede. Nel 1782 Rocci morì, mentre nel febbraio dello stesso anno Capretti fu nominato consultore del nuovo inquisitore domenicano Vincenzo Giuliano Mozani, ma poté esercitare questa funzione solo per poco tempo, perché nel settembre dello stesso anno, quando era ancora priore di S. Benedetto, morì.

La raccolta bibliografica di Capretti, ubicata nella canonica della parrocchia di S. Benedetto, si articolava in tre librerie, di cui la prima di maggior consistenza delle altre due (rispettivamente di 555, 147 e 85 titoli), ma simile a esse per generi e discipline. La biblioteca Capretti contava 787 titoli: per ogni titolo i compilatori avevano indicato precise note tipografiche e il numero dei volumi, segnalando anche le opere scomplete.

I generi sono i più vari: letteratura antica, medievale e moderna, geografia, diritto civile e canonico, grammatica, eloquenza, commedie e tragedie, libri di giochi, patristica, bibbia, trattati teologici e filosofici, libri di scuola (di aritmetica, retorica e storia).

Il campo più rappresentato è la teologia pastorale, a sua volta suddivisibile in diversi ambiti: i sacramenti (in particolare della confessione e del matrimonio), la direzione spirituale, la meditazione, l’omiletica, la catechesi, i casi di coscienza e le visite pastorali. Un tema che interessava i teologi del tempo era il rapporto fra peccato e Grazia: anche Capretti dispone di trattati sull’argomento. Il fondamento di queste discipline è evidentemente la teologia morale, nel cui ambito si era sviluppato il Probabilismo, concezione morale nella quale si inserivano almeno quattro volumi posseduti da Capretti.

Si nota un numero piuttosto contenuto di edizioni delle Sacre Scritture o di commenti biblici. La ragione va forse rintracciata nell’impegno prevalente di Capretti in altri campi, in particolare nell’amministrazione dei sacramenti e nella predicazione al popolo: ciò spiegherebbe la sua preferenza verso strumenti di studio più concretamente applicabili alla vita parrocchiale. La biblioteca, infatti, sembra rivestire una funzione principalmente strumentale e costituire un concreto mezzo di lavoro, per consentire al suo possessore di consultare efficacemente le opere più rispondenti alle esigenze che gli si presentavano di volta in volta come “curato”.

Risulta abbondante l’agiografia, che comprende vite di più santi, vicende di ordini religiosi, monografie con gli scritti e la narrazione biografica circa un’unica figura: Ignazio di Loyola, Francesco di Sales, Filippo Neri, Stanislao Kostka, Roberto Bellarmino, il gesuita belga Giovanni Berchmans e Tommaso d’Aquino. Anche le biografie di donne esemplari (religiose, beate e sante) sono ben attestate, ma il motivo va ancor più precisamente rintracciato nell’attività di direzione spirituale svolta da Capretti presso il cenobio femminile benedettino che sorgeva accanto alla parrocchia di S. Benedetto. Una decina di testi riguarda infatti la spiritualità delle consacrate, ma non mancano i libri rivolti anche alle donne laiche e al tema della famiglia. Capretti, per i sermoni che doveva tenere ai fedeli, poteva servirsi dei numerosi scritti di sante di cui disponeva, fra cui Caterina da Siena, Teresa d’Avila, Maria Maddalena de’ Pazzi; o avvantaggiarsi di opere sulla Madre di Dio, come dell’abbondante letteratura rivolta ai religiosi di entrambi i sessi annoverata nel suo inventario.

Se guardiamo ora l’epoca dei volumi, notiamo che i manoscritti risultano 51, le edizioni del XV e XVI secolo 148, quelle del XVII secolo 263 e quelle del XVIII secolo 291, mentre 34 titoli sono annoverati senza data, forse perché erano mutili del frontespizio. Vi sono inclusi anche nove titoli espressamente definiti “proibiti”, numerosi trattati utili agli inquisitori e l’Indice dei libri interdetti dalle congregazioni romane del S. Ufficio o dell’Indice. Fra le letture prescritte figurano: il Catechismo storico di Claude Fleury, che in realtà era stato solo sospeso da Roma finché non fosse stato corretto; il De monialibus di Francesco Pellizzari, effettivamente vietato sia da Roma che dal governo austriaco; un’opera di Raimundo Lumbier stampata a Parma, realmente interdetta da Roma, come del resto le Satire dell’Ariosto. Invece non furono mai interdetti altri due titoli, che la lista di Capretti indica come tali (“Index scriptorum omnis generis, t. 1 Basilea” e “Merlo Paradisus animae christianae proibito t. 1 Londra Guillini 1678”).

Dei libri di Capretti rimangono, allo stato attuale delle ricerche, solo due manoscritti oggi conservati presso la biblioteca dell’Istituto Salesiano di Parma. Entrambi i manoscritti provenivano dalla biblioteca dei Gesuiti, soppressa nel 1768. Capretti li acquistò presso un libraio di Parma, come egli stesso dichiara nel frontespizio del primo dei due. Con tutta probabilità avevano la stessa origine anche altri volumi della raccolta, il cui destino non è facilmente ricostruibile. Infatti furono possibili diverse sorti: o vennero venduti a un libraio, che li rimise in commercio, o furono mantenuti nella parrocchia di S. Benedetto dal successore.

 

Fonti: Archivio diocesano di Parma, Parrocchie, S. Benedetto, inventario del 20.02.1783, allegato a un atto del 26.01.1781: documenti pubblicati da Federica Dallasta, Condanne e carriere. Inquisizione e censura libraria a Parma nel Settecento, Firenze, Clori, 2018, monografia uscita con il patrocinio della Deputazione di storia patria per le province parmensi, che si può scaricare gratis dal sito della casa editrice Clori: https://edizioniclori.wikidot.com/.

 

Federica Dallasta

Allegati

Biblioteca Capretti.pdf